Alimenti che fanno bene,
alimenti che fanno male
Dividere gli alimenti in quelli che fanno bene e quelli che fanno male viene definito pensiero dicotomico, ossia quella visione del mondo che ci fa considerare le cose in “bianco o nero”, “tutto o nulla”, “giusto o sbagliato”.
Questo modo di pensare non ci permette di vedere le sfumature che ci sono tra il bianco e il nero, ad esempio riguardo l’alimentazione non ci permette di capire che gli alimenti non sono di per sé cattivi o buoni, ma ciò che conta è la quantità che ne consumiamo.
In particolare negli ambienti sportivi si dice spesso “mangiare pulito” quanto si sta a dieta e “mangiare sporco” quando si fanno pasti o periodi che non rientrano nella dieta, che solitamente comprendono cibo calorico in quantità abbondanti.
Questo è un tipico esempio di pensiero dicotomico, un errore in cui cadono molte persone che provano a stare a dieta, soprattutto per perdere peso, e spesso a favorire questo approccio sono proprio i professionisti a cui ci si rivolge, sia che si occupino di nutrizione, di salute o di fitness.
Il problema di classificare gli alimenti in buoni o cattivi è che si semplifica eccessivamente ed in modo sbagliato, l’alimentazione può essere semplificata, ma non così, questa classificazione può favorire comportamenti alimentari dannosi, soprattutto a livello psicologico.
La conseguenza è l’approccio “tutto o nulla”: finché si segue la dieta si avverte un senso di controllo e di realizzazione… i problemi arrivano quando si incontra una situazione “ad alto rischio”, come un alimento che ci piace, una cena fuori ecc. In queste situazioni può verificarsi una perdita di controllo, a causa di vari fattori (stato emotivo, conflitto interpersonale, pressione sociale).
Questo perché l’alimento, per esempio un biscotto, viene considerato proibito, perché fa male, perché sto a dieta e se lo mangio non dimagrisco e così via. Cedo ad un biscotto, ma se non potevo mangiarlo penserò di aver rovinato la dieta… tanto vale che li mangio tutti.
Questa concezione dell’alimentazione in alcuni casi può comportare l’attribuzione di aspetti morali al cibo. Considerare alcuni alimenti cattivi o sporchi, al contrario di altri buoni e puliti, può portare a pensare che mangiare determinati alimenti sia moralmente sbagliato, giudicando se stessi e i propri comportamenti come giusti o sbagliati in base a quello che si mangia (mangio alimenti sporchi, che fanno male, di conseguenza mi sto comportando male: sono una persona cattiva, sbagliata).
Un controllo rigido della dieta, che sia una dieta fai da te o di un “professionista”, facilita e rinforza questa concezione del cibo e dell’alimentazione.
Ma è solo cibo, mangiare certi alimenti non ci rende persone sbagliate, mangiare troppo o solo determinati alimenti può non fare bene alla nostra salute, ma non ha nulla a che vedere con i nostri valori.
Focalizzarsi soltanto su queste distinzioni, invece che su altri aspetti generali della propria alimentazione, è scoraggiante e spesso porta ad abbandonare gli sforzi di migliorare la propria alimentazione.
Le informazioni che troppo spesso riceviamo da internet, tv, riviste, che a tirare le somme sembra che tutto faccia male, portano molte persone a rifiutare indicazioni e consigli nutrizionali validi, rafforzando senso di colpa, ansia, paura, soprattutto quando a risentirne è la salute.
Per questo ritengo fondamentale, sicuramente provare a mangiare meglio, ma mantenendo un po’ di flessibilità, soprattutto mentale, rendendo tutto più sostenibile, per la salute sia fisica che psicologica.